Domanirestoacasa
Le strade sono finalmente semivuote.
Speriamo che continuino ad esserlo, meno gente gira meno virus gira. Forse.
Ogni giorno, quando mi avvicino al lavoro, mi sento stringere dentro, sembra di fare un salto in un luogo pericoloso, come se andassi in qualche centro abbandonato e rischioso, come avvolto da una sorta di anello di pericolo.
Poi però vado lostesso, non ci penso e proseguo.
Mi cambio e interpreto la parte, come riesco, come posso.
La mascherina (una), gli occhiali che si appannano, la paura anche del collega che hai a fianco, perché non sai cosa ha fatto nel suo tempo libero.
Si lavora male, oggi faceva anche freddo e le attrezzature che abbiamo non sono per niente adeguate, direi nemmeno idonee.
La giacca a vento è composta da due giacche di due marche diverse che non si uniscono nemmeno. Non tengono caldo, è quasi come non averle.
Le scarpe sono rigide e larghe, anche loro non tengono minimamente il piede caldo, nei giorni scorsi ho dovuto correre, sembrava di avere due ferri da stiro, mi sentivo Frankestein. I pantaloni con la riga e a gamba larga nemmeno nel matrimonio degli anni '60.
Ti viene la rabbia per il fatto che vestiario e attrezzature sono state comperate da chi non le usa, con il massimo ribasso, senza nessuna cura, con totale incapacità.
Ed ora lui è a casa, comodo con la sua famiglia mentre tu sei in mezzo ad una strada, non sapendo che potrai fermare ed in quali condizioni si trovi.
Però è una situazione di emergenza, allora vai in trincea con i colleghi, non rimani chiuso in ufficio. Perché se stai con loro ti sentono uno di loro. Magari non ti saranno tutti leali ma sicuramente faranno più fatica a tradirti perché tu hai fatto il tuo. Non li hai comandati, li hai affiancati. Anche solo stando lì.
Poi alla fine finisce il turno, c'è la strada di ritorno, non c'è in giro proprio nessuno e tu non vedi l'ora di arrivare a casa tua, dove è tutto normale, dove chiusa la porta cerchi di lasciare tutto fuori, con molta fatica.
Se Dio vuole, domani resto a casa anche io.
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