IL DISOBBEDIENTE
Avevo sentito da tempo di questa vicenda, l'avevo anche postata sul mio profilo Facebook. Poi è successo il deragliamento del treno delle Ferrovie Nord a Pioltello ed io, il lunedì dopo, sono stato a Milano in libreria. In realtà ero alla ricerca di un altro libro, quello che sto leggendo ora, che riguarda la dipendenza dalla tecnologia. Trovato quello (con non poca fatica) mi sono messo a girare gli scaffali dove non so perché, c'era questo libro che mi guardava e, soprattutto, mi aspettava.
L'ho preso immediatamente e, tornato a casa, l'ho letto tutto d'un fiato.
Era da tempo che ciò non avveniva, non c'erano molti argomenti che riuscivano a coinvolgermi così tanto. I miei soliti testi (quelli che raccontano di indagini, di biografie di investigatori e simili), non riescono ad avere più l'appeal di una volta. Sarà per la mia disillusione per quel mondo che ho tanto desiderato ma che, quando anche in maniera marginale, ho toccato, mi ha dimostrato molti dei suoi limiti.
Limiti che ho letto in un passaggio, al volo, poche righe, proprio in libreria quando ho aperto il libro ed ho letto questo passaggio: "Quasi quasi glie lo dico che sono un ex capitano dei Carabinieri, penso, ma mi trattengo dal farlo: no, non è nel mio stile"(pag. 54).
Sono i limiti di un mondo che poi lo stesso autore ha lasciato e che ho liberamente interpretato come gli stessi che mi hanno portato ad una forte disillusione. Dove l'elemento principale non è il bene comune come in maniera romantica si è portati a credere che, per carità, in molti casi esiste, ma un mondo autoreferenziale, fatto in molti casi di rapporti, di favori, di potere, dove per ogni cosa che si fa, si fanno i conti con il ritorno che può avere.
Ho assistito ad ufficiali che si facevano fotografare, perché, ai fini della carriera, conta anche la visibilità sui giornali locali più infimi.
Rapporti che emergono palesemente nel racconto che, agli occhi di un lettore qualsiasi, possono anche passare inosservati, cosa invece ben chiara in chi li ha vissuti.
L'esercizio del potere è uno dei peggiori mali della nostra società. A tutti i livelli, perché porta anche l'ultimo usciere a sentirsi qualcuno. Figuriamoci poi ai livelli superiori. E' difficile da abbandonare e Andrea, lo ha fatto per ben due volte. Quando ha lasciato la divisa e quando ha denunciato il malaffare, perché a volte, il girarsi dall'altra parte può diventare esercizio del potere, quello ricattatorio, anche non palesato. Loro lo sanno che tu sai e quindi, in maniera subliminale, pagano il tuo silenzio.
Purtroppo poi nel nostro sistema la lotta alla corruzione è affidata alla logica degli adempimenti: compila un piano dove dici cosa fai per prevenirla, pubblica entro subito tutti i tuoi dati, più volte ed in maniera rivista, rimescolata, ricalcolata, ridammi indietro i dati che ti ho dato io entro il 31.01 e così via, il tutto condito da uno sproposito di sanzioni cosicché si rischia di passare più tempo a concludere gli adempimenti che a fare le cose veramente necessarie.
Non ho ancora visto nessuno che si azzarda a dire: voglio vedere le cose che funzionano. Si, perché nessuno ancora si vuole mettere in testa che le cose che funzionano e la corruzione non vanno d'accordo. Perché nessuno è disposto a pagare qualcuno per fare quello che è giusto che faccia. E se ti pago, per forza, devo risparmiare in qualcosa. Mi si può obiettare che è una visione semplicistica, è vero, ma è anche vero che il mio modo di gestire il mio lavoro, è lo stesso che utilizzerei in casa mia. Mi spiego meglio: quando commissiono un lavoro mi pongo sempre nella condizione mentale di dire: se fosse casa mia, se lo dovessi pagare con i miei soldi, lo farei così? Ed una volta che il lavoro è stato eseguito o il prodotto consegnato, mi pongo la stessa domanda: è quello che serviva e fa quello per il quale è stato commissionato?
Sono assolutamente domande semplicistiche, dietro ci sta sicuramente il rispetto di tutte le norme ed i capitolati, ma a volte, anche per questioni molto più grandi, queste semplici domande non hanno la risposta così scontata.
Un esempio eclatante? ANPR (Anagrafe Nazionale Popolazione Residente): 23mil € e non ha funzionato. E' interessante leggere le dichiarazioni dell'AD di Sogei, il quale dice: noi abbiamo fatto quello che ci è stato chiesto e quello funziona (leggi qui l'audizione). Questo è quello che sostiene uno dei personaggi che detengono molto potere nel sistema italiano, tanto che poi, mi pare, sia passato a Consip (!!!).
Dall'altra parte c'è una persona (che non è sicuramente uno sprovveduto) che dice:“Per valutare la riuscita di un progetto in Italia non si valuta il risultato, ma l’aderenza ai ‘punti funzione’. Prendiamo l’esempio di Anpr. L’azienda che aveva avuto l’incarico di crearla, Sogei, dopo aver creato il prodotto e aver soddisfatto tutti i requisiti del contratto ha considerato il lavoro completo. Avevano ragione. Ma nessun comune stava usando il prodotto! Questa è la differenza tra agire in base a formalismi e valutare il risultato. Le aziende tecnologiche realizzano un prodotto e poi lo fanno crescere, c’è un’evoluzione continua. Nella PA un progetto finisce quando sono soddisfatti i requisiti del contratto, ma questo è l’anti tecnologia”.
Diego Piacentini sul Il Foglio (intervista qui).
In mezzo a tutto ciò, ci sono le piccole conquiste quotidiane, fatte di piccoli gesti di buona amministrazione, come mi ha suggerito Andrea in un breve scambio di messaggi in Facebook, fatte da chi, non si vuole arrendere a lasciare tutto in mano alla mediocrità.
Grazie Andrea per il tuo coraggio e per il tuo esempio. Ne abbiamo veramente bisogno.
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